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A proposito di violenza maschile sulle donne

"Lea Melandri (2011:71) [Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà] si chiede: «Uccidono per l'angoscia dell'abbandono, per il limite che la libertà dell'altra impone alla propria, o perché si trovano per la prima volta in balia di bisogni e dipendenze rimasti in ombra e cancellati?». Pensando alla frequenza con cui all’omicidio segue il suicidio dell’assassino - un copione che si ripete - sono propensa per quest'ultima ipotesi: accade per una sorta di collasso dell’io maschile, quando si vede privato dell’“ovvio fondamento sicuro e obbediente” fornito dalla donna e sente vacillare di conseguenza anche il corteo di fantasie di possesso e di autosufficienza, di una sessualità vincente e predatoria, di cui si è nutrito nell’illusione di amare.
L'interrogativo di Lea offre un orientamento al mondo femminile, ma pure alle iniziative di ascolto-accompagnamento di uomini maltrattanti che si stanno moltiplicando anche in Italia spostando finalmente lo sguardo sugli autori delle violenze*. Iniziative che saranno tanto più efficaci e lontane dall’ambiguità quanto più questa zona oscura del maschile verrà accostata a partire dall’interrogazione su di sé da parte degli operatori stessi, per lo più uomini, e da una riflessione
  *Senza sottrarre, si spera, le risorse già scarse alle strutture che che si occupano di donne. In particolare ai Centri antiviolenza di lunga data, nati dal movimento politico delle donne, che hanno maturato competenze, pratiche e saperi facendo un grande lavoro di civiltà per tutti, a partire da una lettura libera e autorevole del fenomeno della violenza. 

politica sulla questione maschile irrisolta, per generare nuovo pensiero, nuove parole che sappiano far ordine, una nuova cultura capace di trasformare in altro l'angoscia, la paura, il disprezzo, in definitiva il gesto che fa violento un uomo. In tali contesti si tratta quindi di uscire da schemi esclusivamente o prevalentemente terapeutici-rieducativi, quasi sempre animati da un’idea di violenza come devianza individuale rispetto a un corpo sociale sano e normale da rimettere in sesto. E si tratta di dare la precedenza a percorsi politici di presa di coscienza e di parola tra uomini capaci di stare all’altezza del punto di vista maturato dalle donne, all’altezza della libertà femminile, e che consentano di trasformare la realtà trasformando il rapporto con essa. Perché, ormai lo sappiamo, la trasformazione di sé, sostenuta da relazioni di fiducia che aiutano a dare un senso libero alle cose (e a sé stessi), è il cuore della politica..."
Fonte: Anna Maria Piussi, "Per un'altra civiltà dei rapporti: introduzione a" Insegnare la libertà a scuola. Proposte educative per rendere impensabile la violenza maschile sulle donne, a cura di Mariella Pasinati, Carocci, Roma 2017.

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