È il pregnante titolo di una recensione-analisi di Pietro Bianchi su "The Wolf of Wall Street" di Martin Scorsese. Ne riporto un breve estratto. Per riuscire ad anestetizzare completamente ogni elemento divisivo, assume un ruolo di primo piano l'uso di sempre nuove modalità di sballo che si ripetono lungo tutto il film. Non è solo l'enorme spazio che hanno le droghe (dal crack, alla cocaina, alle pastiglie di medicinali come Quaalude o Xanax) ma è, in modo ancor più radicale, la rappresentazione di una dimensione dell'esperienza dove nulla viene assunto tramite la mediazione della propria soggettività ma solo tramite un corpo. Un corpo intransitivo, che non rimanda a nient'altro, che non si fa nemmeno parola. Un corpo che è puro godimento, che è pura pulsione. Per questo motivo The Wolf of Wall Street non è un romanzo di formazione. Perché non c'è l’esperienza di un soggetto, ma solo quella di un corpo pulsionale. Ma l'anestetizzazione che cance...