"Non gli era ancora capitato di osservare come ardito e leggiadro sia il tocco delle mani sullo strumento, il moto che dai polsi alle falangi le anima secondo un ritmo musicale e plastico a un tempo e già in sé espressivo. Non lunghe, piuttosto piene e tornite, quelle mani nude di anelli, bianche, avevano del femmineo e dell'ecclesiastico, ma le percorreva una vita concentrata, ora soave ora violenta, le guidava un istinto infallibile. Calavano con una delicatezza amorosa o si abbattevano con impeto: le dita s'insinuavano agevoli, indugiavano caute, martellavano assidue, si posavano fremendo sui neri in fondo presso alla cimasa o se ne ritraevano accompagnando con una carezza il rilevarsi del tasto; avevano guizzi e e languori, in una vicenda lucida e incalzante a cui il suono, meglio che seguire come l'effetto meccanico, pareva fornire il commento. A tratti, il battito alterno e frequente del pollice e del mignolo imperniato sul tenue oscillare del polso, quel vibrare della mano distesa a ventaglio
aveva la levità di un'ala che palpita. E quando, a sottolineare una pausa, le mani si levavano, si fermavano un istante in un gesto ampio e sospeso, le dita ancora aperte e spiegate sembravano plasmare una forma che su dallo strumento si alzasse aerea e invisibile. Verso la fine del brano, la sinistra ebbe una più lunga tregua scorrendo l'altra instancabile sulla tastiera, e si acquietò dischiusa sul ginocchio del Canova in un trepido riposo di creatura ancor anelante, senza che il busto del suonatore lasciasse la sua rigidezza stranamente estranea a quella vivida mobilità. C'era in quelle mani una grazia così parlante, una tal varietà di atteggiamenti squisiti, che suo malgrado Saverio pensò all'azione di un'abilità mimica."
Guido Morselli, Uomini e amori
Guido Morselli, Uomini e amori
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